Le indagini scientifiche sui dipinti murali della cappella degli Scrovegni sono stati eseguite per avere informazioni:
1)
2) sullo stato di conservazione
3)
1) materiali costitutivi e sulla tecnica di esecuzione
Per identificare i pigmenti e i materiali delle finiture metalliche impiegati dall’artista innanzitutto è stato fatto uno screening generale delle superfici dipinte impiegando la fluorescenza dei raggi X (EDXRFS).
Laddove si è ritenuto necessario integrare i risultati avuti con tale tecnica, si è proceduto a compiere dei microprelievi, che sono stati analizzati con la microscopia ottica (V, SL), con la microscopia elettronica a scansione con microanalisi dei raggi X (SEM-EDS), con la diffrazione dei raggi X (XRD).
Per avere informazioni sui leganti impiegati su finiture a secco sono stati eseguiti dei microprelievi e questi sono stati analizzati mediante: analisi microspettrofluorimetrica (FL-UV), pirolisi gasmassa (PY-GC-MS) e spettrofotometria infrarossa (FT-IR)
Il principale effetto del degrado delle superfici dipinte della cappella degli Scrovegni è la presenza di gesso. Tale composto si forma per interazione del carbonato di calcio, costitutivo del dipinto murale con inquinanti aerodispersi quali gli ossidi dello zolfo in presenza di umidità. All’ingresso della Cappella dal 2000 è funzionante un sistema (Corpo Tecnologico Attrezzato) per il controllo della qualità dell’aria che ha sensibilmente ridotto il contenuto di umidità e di inquinanti aerodispersi.
Al fine di ottenere informazioni sulla contaminazione da gesso delle superfici dipinte, riconducibile alla presenza di zolfo, è stata realizzata una campagna di misure utilizzando la fluorescenza dei raggi X (EDXRFS). Il contenuto di zolfo superficiale percentuale è stato calcolato tramite EDXRFS dal rapporto dei segnali S/Ca, previa calibrazione dello strumento con campioni standard. Per ottenere il contenuto di gesso superficiale percentuale bisogna moltiplicare tali valori per circa 5.
Nel luglio 2001, prima dell’intervento di restauro, sono state eseguite circa 200 misure (100 punti ripetuti 2 volte) su 100 zone diverse comprendenti tutte le pareti, la controfacciata, l’arco trionfale e la volta. Su 36 punti la misura è stata ripetuta al termine del restauro (gennaio 2002) al fine di ottenere una mappa di riferimento della concentrazione residua di zolfo, per consentire nel tempo ulteriori controlli quantitativi.
Inoltre, durante il restauro sono state eseguite analisi superficiali dello zolfo con la stessa metodica, al fine di mettere a confronto diversi sistemi di pulitura.
In parallelo, sono state eseguite misure spettrocolorimetriche (C) con uno spettrofotometro portatile per documentare i parametri di colore prima e dopo l’intervento di pulitura, nonchè durante i test di confronto.
3) presenza di materiali sovrammessi e di prodotti di alterazione dovuti a precedenti interventi conservativi
La Cappella degli Scrovegni è stata oggetto nel passato di molteplici interventi di restauro, durante i quali sono stati utilizzati i più svariati tipi di sostanze con proprietà adesive o consolidanti, sia di origine naturale che sintetica. Negli interventi di restauro eseguiti fino alla metà del XX secolo sono stati utilizzati materiali leganti naturali quali ad esempio caseina, uovo, cera, colla di pergamena. Durante l’intervento di restauro di Leonetto Tintori (1957-63) sono stati invece utilizzati polimeri sintetici, quali resine acriliche in emulsione e in soluzione (Rhoplex AC-55, Lucite, Acryloid B-72), polivinilacetato e PLAG (polistirene modificato). È noto inoltre che per invecchiamento naturale o per interazione con inquinanti i prodotti di restauro naturali e sintetici possono dar luogo a una serie di sottoprodotti di alterazione come, ad esempio, gli ossalati. Alcune sostanze inquinanti aerodisperse depositatesi o adsorbite sulla superficie pittorica possono altresì essere responsabili della presenza di prodotti inorganici di degrado, quali ad esempio il gesso o i nitrati. Al fine di individuare e di mappare tali prodotti di restauro e di alterazione, è stata svolta una campagna di prelievi estesi a tutta la Cappella, soprattutto nella zona più degradata, cioè la controfacciata.
I prelievi sono stati eseguiti in zone in cui si presentavano sbiancamenti superficiali (preesistenti o affiorati durante la pulitura), su porzioni di affresco ingiallite, dove erano evidenti scolature e nelle aree in cui i restauratori avevano individuato sostanze sovrammesse che davano problemi per la loro rimozione. I prelievi sono stati di tipo diverso:
a) Prelievo a bisturi di polveri superficiali in aree in cui erano evidenti sbiancamenti o sgocciolature.
b) Estrazione con tampone di ovatta imbibito di solvente o per impacco con solvente su carta giapponese. Per estrarre eventuali polimeri organici naturali o artificiali è stato utilizzato un solvente organico (diluente nitro o metiletilchetone), mentre per estrarre sostanze idrosolubili è stata utilizzata acqua deionizzata.
c) Prelievo a bisturi di malte di restauro (stuccature).
Le tecniche di indagine impiegate per la caratterizzazione di materiali utilizzati in interventi di restauro e di prodotti di alterazione sono state: Pirolisi gasmassa (PY-GC-MS), spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR), diffrazione di raggi X (XRD).