I principali fattori di squilibrio che storicamente hanno influenzato il territorio viterbese sono stati: lo sviluppo abnorme, rispetto alla potenzialità del suo hinterland, della Capitale accompagnato dalla concentrazione, nel suo ambito, degli investimenti infrastrutturali e per i servizi; le opere di bonifica e trasformazione irrigua, limitate essenzialmente all’Agro Romano, a Maccarese e alla piana pontina; la delimitazione dei limiti dell’intervento della Cassa per il Mezzogiorno, che ha determinato sviluppi produttivi nella pianura Pontina e lungo la valle del Sacco.

Come risulta anche negli indirizzi regionali emerge la necessità di proiettare il territorio provinciale verso l’esterno, svincolandolo dalla depauperante gravitazione univoca su Roma, in modo da ricercare le interrelazioni con l’Italia Centrale, da cui deriverebbe un’autonomia produttiva locale bilanciando quelli dislocati nella parte meridionale della Regione: Piana Pontina e Valle del Sacco.

All’interno di una ipotesi di sviluppo delle strutture produttive vi è largo spazio per le industrie manifatturiere, da legare allo sviluppo della produzione dei foraggi, dell’allevamento del bestiame e della lavorazione e distribuzione dei prodotti derivati.

Nelle zone collinari lo sviluppo delle colture specializzate va razionalizzato e collegato con strutture per la lavorazione dei prodotti e loro distribuzione.

Le zone di media montagna rimangono vocate come riserva di rimboschimento e pascolo.

In sostanza si deve escludere di massima l’installazione di grandi industrie a forte impatto ambientale e favorire le industrie manifatturiere e dell’innovazione tecnologica, con particolare riferimento a quelle per la lavorazione e trasformazione dei prodotti e quelle meccaniche legate essenzialmente alla manutenzione dei complessi di lavorazione.

L’apporto del turismo come fattore produttivo va visto come elemento complementare, in cui l’impegno principale sarà quello di intervenire salvaguardando il carattere paesaggistico del territorio, quanto vario ed interessante, in modo da creare una riserva per il turismo qualificato, appoggiandosi alle notevoli vestigia storico-archeologiche presenti nel Viterbese.

Occorre identificare nella struttura organizzativa del territorio il ruolo funzionale che i vari centri urbani svolgono relativamente al loro naturale hinterland.

Questo ruolo è valutato in base alla presenza delle attrezzature puntuali di ordine superiore (sedi di istruzione superiore; sedi di assistenza sanitaria; impianti sportivi, istituzioni culturali, giudiziari, amministrativi locali e statali; impianti ricettivi), per ottenere una classificazione dei centri in ordine di importanza .

L’organizzazione dei centri sul territorio definisce i vari centri che si possono definire centri ordinatori (o poli urbani) sui quali organizzare la gravitazione dei vari ambiti territoriali.

L’attuazione delle proposte anche se richiede notevoli investimenti, non solo nelle infrastrutture e servizi, ma anche nel campo dell’istruzione, non sembra né utopistica né irrealizzabile.

Ma sarà possibile solo se si formerà la coscienza della necessità dello spostamento di una consistente quota di investimenti dalle zone più dotate e sviluppate a quelle stazionarie e recessive.

Comunque l’urbanistica può solo individuare delle proposte che andranno verificate all’interno di un programma economico di sviluppo.

L’ubicazione e tipologia delle infrastrutture ed dei servizi insieme alla localizzazione delle residenze sono gli elementi determinanti del punto di vista strategico, al fine di realizzare un ambiente di vita tale da offrire possibilità equivalenti, se non migliori, rispetto alle grandi città.

Infatti, se l’ambiente dei vecchi centri, debitamente integrato ai servizi, può essere ritenuto preferibile a quello dei nuovi, è la loro fatiscenza che spinge all’abbandono.

In una configurazione spaziale in cui i centri antichi vengono raggruppati a formare delle città intercomunali, l’ubicazione dei servizi secondari e di alcune strutture per la via civile potrebbe trovare collocazione proprio in questi piccoli sub- comprensori.

Ovviamente, come detto, questa soluzione è subordinata alla possibilità di intervenire, con mezzi adeguati (sia di ordine legislativo che finanziario) per la conservazione ed il ripristino dei centri storici.

In generale gli strumenti per il governo del territorio provinciale, dovendo rispondere a diverse finalità che derivano dal quadro istituzionale e dai caratteri dominanti del proprio territorio, devono tendere a creare le condizioni per favorire, in presenza di un contesto ampio e di alta qualità, lo sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione.

L’Ente Provincia comunque, pur nella sua autonomia, dovrà tener conto sia delle scelte di pianificazione effettuate dagli enti sovraordinati che delle domande espresse dalle amministrazioni pubbliche sottordinate a dai soggetti di natura socio - economica.

Contemporaneamente la Provincia dovrà fornire ai comuni gli opportuni indirizzi per l’elaborazione di propri strumenti urbanistici, mettendo così in condizione la Provincia stessa di esprimere correttamente un parere motivato di conformità sugli strumenti comunali.

In quest’ottica il PTRG dà alcune indicazioni sulle quali il Piano Provinciale può dire la sua in quanto è in grado di elaborare un sistema integrato inteso come sviluppo di settori tra loro complementari in un piano unitariamente integrato.